Schema pratico per basi essenziali, in assenza di condizioni o sintomi psicologici di altro genere.
A scrivere è il founder di GD, psicologo e psicoterapeuta, professionista per il benessere psicologico e la salute delle persone.
Andrò dritto al sodo.
Risorse oltre l’ottimismo
Questi giorni, a Roma, stiamo vivendo una realtà inverosimile. Lunghe giornate di isolamento in casa accompagnate dal cinguettio degli uccelli, un allegro baluginare di un pezzo di mondo che non ha motivo di fermarsi. Poi arriva la sera, alle 18.00 i flash mob, e dalle finestre il canto dei romani: Lucio Battisti, Domenico Modugno, Rino Gaetano. Ma è un sipario nero che apre sulle notizie del giorno. E allora, destati dai telegiornali, ci chiudiamo nei nostri pensieri.
Ansia, panico, paura, solitudine. Ci sono psicologi in tv che scoprono il voto dell’ottimismo e allora la quarantena diventa opportunità. Mi associo a loro, ma poi mi chiedo: come fa ad esserlo se l’unico rumore che riusciamo a sentire è quello dei nostri pensieri?
Per chi non è solo in casa
Poche cose, ma importanti. Primo: dobbiamo comprendere che staremo insieme.
In quarantena “insieme” ha un solo significato: a lungo, con le stesse persone, ininterrottamente.
Diventa quindi fondamentale collaborare, ma non solo portando fuori il cane (l’esempio non è casuale) e nemmeno lavando i piatti.
La collaborazione più importante è sul piano comunicativo.
Voglio davvero farla breve: l’ottimismo non basta, dobbiamo imparare a comunicare. Per farlo in modo efficace potrebbe volerci una vita, ma una cosa è fondamentale e può essere subito messa in pratica.
La comunicazione è il trasferimento di un’informazione da una persona ad un’altra. Può essere attraverso la parola, ma ci sono altri modi per farlo: la gestualità, la cura, lo sguardo, l’espressione, persino il silenzio.
Nel farlo si commettono errori fatali che compromettono la relazione e separano. E questa separazione, in quarantena, è decisamente sconsigliata.
Allora è meglio prevenire ricordandosi, prima di ogni occasione per farlo, che comunicare significa aiutare l’altro a capirci, metterlo nelle condizioni di comprendere quello che pensiamo e che vogliamo.
Il mantra, per chi non è solo in casa, è questo.
La battaglia è fuori, ma dentro l’obiettivo è comune: resistere insieme.
Per chi è solo in casa
Per tutti voi che siete soli in casa, ho due raccomandazioni pratiche e molto semplici.
La prima – guarda un po’ – è usare la comunicazione. Il modo migliore per farlo, quando si è soli, è attraverso le videochiamate (Skype, Zoom, WhatsApp). Portano in un altro luogo, mostrano un altro ambiente e soprattutto permettono di condividere. È fondamentale restare collegati, restare insieme e confrontarsi con i propri amici e i propri cari che stanno affrontando la stessa situazione.
Secondo: parlare ad alta voce può essere davvero d’aiuto. Quando parliamo ci sforziamo di comprendere le nostre emozioni per spiegarle attraverso il linguaggio. Questa operazione non può essere simulata a mente e avrebbe ancora più senso se avessimo un interlocutore, ma quando non è possibile allora si può fare da soli, parlando a voce alta.
Qui torna indispensabile ribadire la premessa iniziale: in assenza di condizioni o sintomi psicologici di altro genere.
Per gli amanti
In ogni caso vale quanto detto finora: comunicate. Non per vincere l’uno sull’altra, ma per spiegare i vostri sentimenti, le vostre paure, i vostri sogni. Di persona o tramite videochiamate.
E fate l’amore – l’ho chiarito fin da subito: andrò dritto al sodo – fate l’amore, fatelo di persona, fatelo tramite videochiamate.
Facciamo parlare le nostre emozioni, aiutiamoci a comunicare.
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