I primi a lamentarsi sono gli utenti

La scorsa settimana abbiamo parlato del buono delle app di dating. Ma siamo consapevoli che non è tutto oro quel che luccica, anzi.
Negli ultimi 12 mesi la frase “online dating is depressing” è salita del 250% nelle query digitate su Google (in tutto il mondo!), raggiungendo la settima posizione tra le associazioni in aumento con il tema “dating online”.

Tra le lamentele più diffuse spiccano:

  • la somiglianza, in negativo, delle app di dating con un lavoro;
  • il fatto che spesso le persone smettono, da un momento all’altro, di rispondere via chat;
  • il ghosting (non solo smettono di rispondere, ma neanche si presentano agli appuntamenti);
  • il fatto che da un match online raramente si passa ad un incontro nella vita reale;
  • la facilità con cui le persone, online, possono apparire diverse rispetto a come sono veramente.

Un errore psico-tecnologico

Gli inconvenienti e le lamentele riportate dagli utenti trovano conferma negli studi di settore. La ricerca psicologica studia il fenomeno da tempo e il tema del dating online è sempre più controverso.
Su Pubmed, il database online con oltre 5.300 riviste scientifiche specializzate in medicina, biologia e psicologia, sono emersi due studi recentissimi, febbraio e marzo del 2020, che confermano quanto già largamente ipotizzato: l’uso del dating online è correlato in modo significativo – ovvero: è collegato in modo non casuale – a sintomi depressivi e al disagio psicologico (gli studi sono trattati più avanti).

Ma sono soprattutto le soluzioni tecnologiche delle app di dating a creare problemi.
Il famoso “swipe”, che sancisce con un colpo di dito il sì o il no; i match basati sull’apparenza estetica; le frustranti conversazioni in chat; i profili e le foto che non corrispondono alla realtà. A questo si aggiungono le difficoltà di una conoscenza che nasce online, non necessariamente più fragile, ma certamente più esposta ad una concorrenza frenetica e al rischio di essere rapidamente sostituita.
In una relazione che nasce online si accorciano i tempi di attesa e del corteggiamento, viene meno anche la scoperta dell’altro e il lento disvelamento di sé stessi all’interno di una relazione a due. Il rischio, in questo modo, è che i rapporti restino sempre in superficie, senza approfondirsi e senza fortificarsi.
Ma questa tendenza ad una leggerezza sentimentale, che sfocia nella fragilità, è favorita dai meccanismi psico-tecnologici innescati dalle stesse app. Non è un caso che Tinder, leader mondiale del dating online swipe-based, indubbiamente conscia della situazione, abbia dichiarato che la sua mission aziendale è far sì che i single si possano divertire. Da un lato nel bene, dall’altro nell’impossibilità di offrire un servizio che favorisca, invece, una conoscenza più naturale e solida.

La mission ufficiale di Tinder:

“Tinder rende l’essere single più divertente e gratificante, connettendo persone che altrimenti non si sarebbero potute incontrare nella vita reale.
Celebriamo che essere single è un viaggio. Un fantastico viaggio. Essere single non è ciò che accade, malauguratamente, prima di sistemarsi.
Difendiamo il modo in cui un’intera generazione sceglie di vivere la propria vita.”

Occorre pertanto riflettere sulla differenza tra leggerezza e fragilità in un rapporto sentimentale nel contesto del dating online. In una relazione leggera entrambi i partner sono consapevoli del livello di coinvolgimento reciproco e, bene o male, possono gestirlo. Mentre in una relazione fragile vengono a mancare i presupposti di una consapevolezza di coppia e gli individui che ne fanno parte sono succubi delle loro stesse emozioni non condivise. In questo caso la relazione, seppur inizialmente sostenuta dalla passione, è molto più esposta a fratture e rischia di diventare ingestibile, dolorosa e frustrante. Oppure di interrompersi in un attimo. Ma di certo, in entrambi i casi, con conseguenze sul benessere psicologico delle persone che ne fanno, o ne facevano, parte.

I metodi della scienza

Questa realtà emerge in modo evidente nelle ricerche scientifiche che individuano una relazione sistematica tra uso di app di dating e depressione, ma che non possono determinare la causalità tra i due fattori.

Cosa significa questo?
Significa che non possono affermare se sono le app di dating a creare un’alterazione dell’umore in peggio, o se le persone con tono dell’umore tendenzialmente più basso prediligono le app di dating per incontrarsi tra loro.

E perché ancora non è stato possibile dimostrarlo?
Non è stato possibile dimostrarlo perché nessuno studio, finora, ha mai analizzato un campione di persone prima dell’uso di app di dating. Quindi: nessuno studio ha mai osservato l’influenza delle app di dating nel tempo, su un campione controllato dal principio e che, prima dell’uso delle app di dating, non riportava sintomi depressivi.
Questo tipo di ricerca è detto “longitudinale” e richiede un impegno maggiore in termini di tempo, di analisi e di costi.

E invece come sono stati progettati gli studi finora?
Finora gli studi si sono basati su un confronto, nello stesso periodo di tempo, di due campioni identici, tranne che per un fatto: l’utilizzo o il non utilizzo di app di dating. E, in ogni studio, il gruppo che le utilizza, soprattutto la tipologia swipe-based, presenta sempre una significativa correlazione con sintomi depressivi o altri sintomi psicopatologici.
Questo tipo di ricerca è detto “trasversale” e, a fronte di un impegno più sostenibile, offre dei risultati comunque validi scientificamente, ma che, come nel caso delle app di dating, spesso non chiariscono la causalità logica del fenomeno osservato.

Il boss finale: l’algoritmo

Per finire c’è il metodo di abbinamento basato sugli algoritmi: che l’amore non possa essere definito da un algoritmo non ci sono dubbi. Ma il business del dating online non la pensa così: i match sono gestiti da logiche algoritmiche che riducono le scelte dell’utente, alimentando la sensazione generale impotenza. In altre parole, quando manca chiarezza tra azioni compiute all’interno dell’app e conseguenze nella vita reale, aumenta inevitabilmente anche il senso di disagio. Basta pensare, ad esempio, che distribuire molti like all’interno di un’app potrebbe non portare a nulla, quando invece, da parte dell’utente, l’investimento appare enorme.
Il senso di impotenza è frequente nella depressione e costituisce, di per sé, un sintomo psicologico con cui è possibile convivere, ma che rischia di compromettere l’autostima e il benessere dell’individuo.

A valle di quanto detto, quindi, è ragionevole pensare ad una causalità logica tra uso di app di dating e disagio psicologico. Ovvero è ragionevole ipotizzare che siano le app di dating ad influenzare il benessere emotivo di chi le utilizza. Ma finché la tecnologia delle app di dating non sarà più attenta a questi aspetti, allora non ci saranno miglioramenti in questa direzione.

1° studio: marzo 2020 – Holtzhausen N. et al. (Western Sydney University, Australia)

Lo studio [1] afferma che gli utenti di app di dating swipe-based riportano livelli più alti di depressione, ansia e angoscia rispetto a chi non ne fa uso.
I dati sono il risultato di una ricerca trasversale, effettuata con un sondaggio online su 437 partecipanti, di cui il 30% utilizza app di dating.
L’uso di app di dating swipe-based è risultato correlato al disagio psicologico, con punteggi medi significativamente più alti per ansia, angoscia e depressione. Inoltre, all’aumentare della frequenza e della durata d’uso si è registrato un aumento degli indici di stress psicologico e di depressione.

2° studio: febbraio 2020 – Navarro R. et al. (University of Castilla, Spain)

I risultati dello studio [2] mostrano che una relazione fragile, nei termini descritti in precedenza, è correlata a maggiori probabilità di essere insoddisfatti nella vita e di provare sentimenti di solitudine e di impotenza.
La ricerca è frutto di un’indagine trasversale che ha esaminato le differenze in tre costrutti psicologici (soddisfazione per la vita, solitudine e impotenza), su un campione di 626 adulti, attraverso un sondaggio online.

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FONTI

[1] https://bmcpsychology.biomedcentral.com/articles/
[2] https://www.mdpi.com/1660-4601/17/3/1116